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domenica 26 agosto 2012
JUNIO VALERIO BORGHESE
26 Agosto 1974 – In ricordo di Junio Valerio Borghese
Nacque in una delle famiglie più blasonate della nobiltà capitolina il 6 giugno del 1906 ad Artena in provincia di Roma. Di antiche origini senesi , con tre cardinali, un Papa e la sorella di Napoleone Bonaparte fra i suoi rami araldici. Visse nei primi anni di vita in viaggio fra l’Italia e le principali capitali estere, soggiornando in Cina, Egitto, Spagna, Francia e Gran Bretagna. In Italia trascorse per lo più il suo tempo a Roma e ai Castelli Romani. Sposò a Firenze, il 30 settembre del 1931, la russa contessa Olsoufiev Schouvalov, da cui ebbe quattro figli. Attratto dalla vita militare, nel 1922 venne ammesso ai corsi della Regia Accademia Navale, dalla quale uscì nel 1928 con il grado di guardiamarina; dovette comunque attendere quasi un anno per avere il suo primo imbarco, sull’incrociatore Trento. Nel 1930 venne promosso sottotenente di vascello e imbarcato su una delle torpediniere operanti in Adriatico. L’anno successivo frequentò il corso superiore dell’Accademia Navale, e nel 1932 venne trasferito ai sommergibili. Dopo aver frequentato il corso di armi subacquee, nel 1933, promosso Tenente di vascello, venne imbarcato dapprima sulla Colombo, quindi sulla Titano. Nonostante avesse nel frattempo conseguito i brevetti di palombaro normale e di grande profondità, fu solo nel 1935 che ricevette il primo incarico di sommergibilista, partecipando alla guerra d’Etiopia, dapprima imbarcato a bordo del sommergibile Tricheco, successivamente del Finzi. Nel 1937 assunse, infine, il primo comando. Con il sommergibile Iride prese parte alla guerra civile spagnola. In quell’occasione il sommergibile fece parte ufficialmente della flotta nazionale spagnola. In seguito all’esperienza della guerra civile spagnola venne decorato l’8 aprile del 1939 della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per l’elevato spirito offensivo e le solide qualità professionali dimostrate nel corso delle operazioni. Trasferito successivamente presso la base di Lero, nel Dodecaneso, vi rimase fino all’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno del 1940. Nelle prime fasi del conflitto, come Comandante del sommergibile Vittor Pisani, prese parte alla battaglia di Punta Stilo e a una serie di falliti tentativi di forzare il porto di Gibilterra, tra il settembre e l’ottobre del 1940. Promosso Capitano di corvetta, nel 1941 venne designato alla Decima Flottiglia Mas, dove assunse gli incarichi di Comandante del sommergibile Scirè e di capo del reparto subacqueo. Anche con il suo contributo vennero pianificati e realizzati i progetti per il forzamento delle rade di Gibilterra e Alessandria, per questo nominato Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia. In seguito alla prima riuscita azione su Gibilterra, il 2 gennaio del 1941 gli viene conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, Junio Valerio Borghese, costituì un reparto di volontari denominato Decima Mas, riuscendo a concludere, il 14 settembre, un accordo con Max Berninghaus, comandante navale delle forze del Terzo Reich in Liguria, con il quale la neonata flottiglia venne riconosciuta quale unità combattente con piena autonomia in campo logistico, organico, della giustizia, disciplinare e amministrativo e battente bandiera italiana. Alla nascita, pochi giorni dopo, della Repubblica Sociale Italiana, la Decima Mas fu inserita nell’organico della Marina Nazionale Repubblicana, sebbene essa agisse di fatto in maniera del tutto autonoma. Nonostante i contrasti con i vertici politici e militare della Repubblica Sociale Italiana, le sue forze furono impegnate su tutti i fronti più importanti, a partire da quello di Anzio e di Nettuno. Il regolamento della Decima Mas prevedeva la totale uguaglianza fra ufficiali e truppa, promozioni guadagnate solo sul campo, pena di morte per i Marò colpevoli di furto, saccheggio, diserzione o vigliaccheria di fronte al nemico. I militari della Decima Mas furono tutti volontari, provenienti dalle più diverse armi delle Forze Armate Repubblicane. Non si registrò mai un calo del numero di volontari e infatti si costituirono numerosi corpi di fanteria di marina, il tutto anche in virtù della popolarità che Junio Valerio Borghese riscuoteva fra le masse. L’attività della Decima Mas non si limitò alle incursioni navali contro le forze nemiche, ma si estese alla costituzione di reparti di terra che assunsero al termine del conflitto le dimensioni di una vera e propria divisione di fanteria leggera. Tuttavia a causa dell’opposizione tedesca la Divisione Decima Mas non poté mai entrare in azione come unità organica, ma fu frazionata in battaglioni usati dai comandi tedeschi sul fronte della Linea Gotica e poi del Senio. Una parte della Divisione era pronto per muovere sul confine orientale, per difendere Trieste e Fiume dall’avanzata degli jugoslavi, ma fu bloccato prima dai tedeschi e poi dalla svolta rappresentata dalla Liberazione nell’aprile del 1945. A partire dal 1944 la Decima Mas fu impiegata anche in attività antipartigiane e rastrellamenti di civili nelle zone dove agivano i partigiani. Gli ultimi reparti della divisione, decimati dagli attacchi inglesi, si arresero a nord di Schio, in Veneto, il 2 maggio del 1945. Al termine del conflitto, dopo lo scioglimento formale della Decima Mas il 26 aprile del 1945 in piazzale Fiume a Milano, Junio Valerio Borghese fu preso in consegna dalla polizia partigiana. In seguito, l’11 maggio fu trasferito a Roma, dove trascorse un breve periodo prima di essere ufficialmente arrestato dalle autorità americane il 19 maggio per essere trasferito nel carcere di Cinecittà. Rilasciato in ottobre, venne nuovamente arrestato dalle autorità italiane e trasferito da un luogo di detenzione all’altro, in attesa dell’inizio del processo. Il 17 febbraio del 1949, ritenuto colpevole solo del reato di collaborazionismo con i tedeschi, venne formalmente condannato a dodici anni di detenzione ma, in seguito all’applicazione di una serie di condoni e riduzioni di pena, fu subito scarcerato. Nel dopoguerra Junio Valerio Borghese aderì al Movimento Sociale Italiano, di cui fu nominato presidente onorario nel 1951. Inizialmente appoggiò Giorgio Almirante, poi abbandonò il partito, che giudicava troppo debole, si avvicinò alla destra extraparlamentare e nel settembre del 1968 fondò il Fronte Nazionale. Intanto nel 1963, aveva ottenuto l’incarico puramente onorario di presidente del Banco di Credito Commerciale e Industriale. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970 promosse un colpo di stato, avviato e poi interrotto, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale, paramilitari appartenenti a formazioni dell’estrema destra e di numerosi alti ufficiali delle forze armate e funzionari ministeriali. In seguito al fallimento del golpe, Junio Valerio Borghese si rifugiò in Spagna dove, non fidandosi della giustizia italiana che nel 1973 revocò l’ordine di cattura, rimase fino alla morte, avvenuta in circostanze sospette a Cadice, il 26 agosto del 1974. Lo stesso anno Junio Valerio Borghese era stato in Cile con Stefano Delle Chiaie, per incontrare il Generale Augusto Pinochet e il capo della polizia segreta cilena, Jorge Carrasco. Fu sepolto nella cappella di famiglia, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.
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